“PRATICAMENTE E CIOE’:
Ho 14 anni posso fare da solo la denuncia-querela alla Polizia!
Non Volevo RUBARLO volevo solo fare un giro!
Ho diritto ad avere un Avvocato, e se la mia famiglia non ha i soldi posso averlo d’Ufficio!
Quindi…. se finisco il Progetto di messa alla prova mi cancellano il REATO?”
PROCEDIMENTO PENALE MINORILE
“Quindi… se faccio la messa alla prova e la supero … poi si cancella il reato?”
Il procedimento penale minorile si svolge innanzi al Tribunale per i Minorenni, e prevede diverse fasi.
1) Fase dell’indagini preliminari: E’ la prima fase del procedimento penale nella quale vengono svolti atti di investigazione. Titolare della direzione delle indagini è il procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.
Tale fase, salvo il caso di richiesta di sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto, si può concludere o con una richiesta di archiviazione, o con una richiesta di giudizio direttissimo o immediato o con l’avviso di chiusura dell’indagini preliminari ai sensi dell’art. 415 bis codice procedura penale, con termine di 20 giorni dalla notifica del predetto avviso all’interessato per esercitare la facoltà di essere interrogato e di indicare nuovi elementi e mezzi di prova al Pubblico Ministero. In quest’ultimo caso, il Pubblico Ministero, qualora non ritenga comunque sufficienti gli elementi di prova acquisiti in seguito all’interrogatorio del minore o risultanti dalle altre indagini eventualmente svolte, provvede ad avanzare richiesta di rinvio a giudizio.
2) Fase dell’udienza preliminare: Con la richiesta di rinvio a giudizio si apre la fase dell’udienza preliminare, che si svolge innanzi ad un organo giudicante in composizione collegiale. Nell’udienza preliminare, il minore presente viene sentito. Al termine di tale udienza, il giudice può emettere il decreto che dispone il giudizio, pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ricorrono le ipotesi di cui all’art. 425 c.p.p., disporre il giudizio abbreviato, emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto o per concessione del perdono giudiziale, disporre la sospensione del processo e la messa alla prova del minorenne, condannare il minore ad una pena pecuniaria, diminuibile fino alla metà del minimo edittale, o ad una sanzione sostitutiva su richiesta del pubblico ministero.
Avverso tale sentenza, l’imputato o il suo difensore possono avanzare opposizione al fine di richiedere l’instaurazione del giudizio ordinario. Tuttavia, nell’udienza preliminare, il giudice prima dell’inizio dell’udienza, deve chiedere al minore se presta il consenso alla definizione del procedimento in questa fase. Nel processo penale minorile, gli unici casi in cui non si svolge l’udienza preliminare è quando il Pubblico Ministero al termine fine delle indagini preliminari, decide di richiedere il giudizio direttissimo o immediato. In tutti gli altri casi, l’udienza preliminare è obbligatoria.
3) Fase del dibattimento: Laddove il giudizio non si definisca nell’udienza preliminare, si apre la fase del dibattimento, che si svolge anch’essa innanzi ad un organo collegiale. Nella fase del dibattimento viene sentito l’imputato minorenne e si svolge l’istruttoria dibattimentale con l’assunzione delle prove documentali e/o testimoniali.
Tale fase può concludersi con una sentenza di assoluzione, con una sentenza di condanna, con la concessione del perdono giudiziale quando ricorrano la tenuità del fatto, l’occasionalità del comportamento criminoso contestato e la possibilità che l’ulteriore corso del procedimento possa pregiudicare le esigenze educative del minore, con una sentenza di dichiarazione dell’irrilevanza del fatto. E’ possibile anche in tale fase richiedere la sospensione del processo e la messa alla prova del minorenne. Dopo la sentenza, il giudice sarà tenuto ad illustrare al minore il contenuto e le ragioni della decisione in modo che il giovane possa acquisire consapevolezza di quanto è accaduto e delle conseguenze che derivano dal provvedimento decisorio. Il minore può proporre impugnazione avverso la sentenza emessa a seguito del dibattimento. La stessa facoltà spetta all’esercente la responsabilità genitoriale, pur non avendo quest’ultimo diritto alla notificazione del provvedimento da impugnare emanato nei confronti del minore.
ARRESTO E FERMO DEL MINORE
L’arresto in flagranza di reato e il fermo.
L’arresto in flagranza di reato di un soggetto minore è ammessa laddove la flagranza riguardi uno dei reati per i quali può essere disposta la misura della custodia cautelare (la detenzione in carcere), ovvero per i delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 9 anni o per quei reati consumati o tentati previsti dall’art. 380, comma 2 lettere e, f, g, h, del codice di procedura penale, nonché per il delitto di violenza carnale.
Il Fermo è ammesso anche in assenza di flagranza di reato laddove vi sia un pericolo di fuga del minorenne indiziato di reato per il quale può essere disposta la custodia cautelare (detenzione in carcere).
In questi casi il minore viene condotto in un centro di prima accoglienza o presso una comunità pubblica o autorizzata. Può anche essere disposto, tenuto conto dell’età, della situazione familiare del minore e del fatto, che questo sia condotto presso l’abitazione familiare.
In ogni caso il minore deve rimanere a disposizione del pubblico ministero, il quale nel caso in cui non riterrà applicare una misura cautelare, provvederà a disporre con un decreto motivato che il minore sia immediatamente rimesso in libertà.
LE MISURE CAUTELARI APPLICABILI AI MINORI
Le misure cautelari (DPR 488/88)
Le misure cautelari possono essere adottate sia nel corso delle indagini preliminari sia nella fase processuale e comportano una limitazione della libertà personale o della disponibilità di beni.
Esse sono dirette ad evitare che il tempo necessario alla conclusione del processo comprometta l’attività giudiziaria pregiudicandone lo svolgimento e l’esito.
Nei confronti degli imputati minorenni possono essere applicate soltanto le misure cautelari personali:
-delle prescrizioni (specifici ordini impartiti al minore inerente le attività di studio di lavoro, di altre attività utili alla sua educazione)
-della permanenza in casa (obbligo per il minore di rimanere presso l’abitazione familiare o altro luogo di privata dimora)
-del collocamento in comunità ( affidamento del minore ad una comunità pubblica o autorizzata)
–della custodia cautelare (detenzione in carcere)
Nel disporre tali misure il giudice deve tenere conto dell’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto.
ESITI DEL GIUDIZIO
Sentenza di non luogo a procedere
Tale sentenza può essere emessa al termine dell’udienza preliminare quando il giudice ritiene che sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato o quando risulta che il fatto non sussiste poiché l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa.
Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Sentenza di assoluzione: tale sentenza è la decisione con la quale il Giudice dichiara l’imputato non colpevole in relazione ai fatti che vi sono stati contestati.
Irrilevanza del fatto (art. 27 D.P.R. 448/88)
Nel caso in cui l’illecito commesso dal minore appaia privo di un rilevante significato criminoso, può essere dichiarata l’improcedibilità per irrilevanza del fatto. Tale irrilevanza deriva dalla tenuità del fatto, dall’occasionalità del comportamento e da una lesione talmente minima del bene giuridico tutelato dalla norma da non apparire meritevole di sanzione. Inoltre, a tal fine, si deve tener conto dell’eventuale pregiudizio nei confronti del minore in caso di prosecuzione del procedimento.
L’irrilevanza del fatto, comporterà l’emanazione di una sentenza di non luogo a procedere con consequenziale chiusura del procedimento nei confronti del minore.
Messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448/88)
La messa alla prova comporta, laddove dia esito positivo, una definizione anticipata del procedimento minorile con emissione di una sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato.
Essa determina la sospensione del procedimento minorile per un periodo non superiore ai tre anni, se si procede per reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni, a un anno negli altri casi, durante il quale i servizi minorili devono svolgere attività di osservazione, trattamento e sostegno del minore. Tale periodo di messa alla prova non è disposto per valutare la personalità del soggetto al momento del fatto, ma per valutare l’evoluzione della personalità dello stesso dopo il fatto. Il giudice può anche impartire particolari prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato. In caso di esito positivo della prova, il giudice dichiarerà l’estinzione del reato; in caso contrario il procedimento riprenderà il suo corso.
Sentenza di condanna: (art.30 D.P.R. 448/88)
Tale sentenza è la decisione con la quale il giudice dichiara l’imputato colpevole dei reati a lui contestati comminando una sanzione penale. La sanzione penale verso un minore ha quale principale finalità quella rieducativa del soggetto. Per essa valgono, in genere, gli stessi principi previsti per i soggetti maggiorenni, salvo alcune specifiche deroghe.
Innanzitutto, stante la finalità rieducativa della sanzione, si è ritenuto non applicabile al minore la pena dell’ergastolo anche quando la legge ne prevede l’applicazione. Inoltre, quando a seguito di una sentenza di condanna si debba applicare una pena detentiva non superiore ai due anni, il giudice può sostituirla con la sanzione della semidetenzione o della libertà controllata, tenuto conto della personalità e delle esigenze di studio o di lavoro del minorenne nonché delle sue condizioni familiari, sociali e ambientali.
Sussiste una particolare attenuante della pena relativa alla minore età, sancita dall’art. 98 C.P., che deve essere sempre considerata ai fini della determinazione della pena nonché in caso di applicazione di misure cautelari.
MISURE DI SICUREZZA
Le misure di sicurezza sono provvedimenti che possono essere adottate nei confronti di minori non imputabili, in quanto non ancora quattordicenni al momento del fatto o perché ritenuti incapaci di intendere e volere, laddove riconosciuti soggetti socialmente pericolosi (artt. 36-40 D.P.R. 448/88). Un soggetto è ritenuto socialmente pericoloso quando ha commesso un reato e vi è la probabilità che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reati (art. 203 Codice penale).
Le misure applicabili nei confronti dei minori sono il riformatorio giudiziario e la libertà vigilata.
-Il riformatorio giudiziario può essere applicato soltanto con riferimento ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni e viene eseguito mediante il collocamento del minore in comunità.
-La libertà vigilata può trovare applicazione in tutti gli altri casi e si esegue mediante l’emanazione di alcune prescrizioni inerenti le attività di studio o di lavoro o altre attività utili alla educazione del minore o mediante la permanenza in casa.
-Le misure di sicurezza possono essere applicate anche in via provvisoria in considerazione della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore vive, non delle modalità e circostanze del fatto e della sussistenza del concreto pericolo che il soggetto commetta delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro la sicurezza collettiva o l’ordine costituzionale o gravi delitti di criminalità organizzata.