“A CASA mia sono tutti strani, ma non LI cambio!”
“Sembra che con la nuova Legge io e il figlio di mio padre siamo UGUALI!?”
“NON posso fare come mi pare!”
“Diteci voi, sti due calci al pallone dove li dobbiamo tirare!”
«ti sembra niente… che qualcuno si preoccupa per te… invece… »
“Dopo la separazione dei miei genitori starò un pò con mia madre e un pò con mio padre”.
Il Diritto del minore ad avere una famiglia è garantito:
a livello costituzionale (art. 30 Costituzione);
a livello internazionale (art. 9 Convenzione Internazionale sui diritti della Infanzia);
E’ dovere e diritto dei genitori educare, curare e istruire i figli anche se nati fuori dal matrimonio.
Il minore ha diritto alla unione familiare, quindi a vivere con la propria famiglia, senza distinzione di sesso, etnia, età, lingua (artt. 28-29-30, Testo unico Immigrazione).
E’ un diritto del minore vivere con i propri genitori, a meno che la separazione del minore dai propri genitori non sia necessaria nei casi di maltrattamento, abuso, violenze, abbandono, detenzione dei genitori, in quanto, in questi casi, la convivenza del minore con i genitori viene ritenuta pregiudizievole (dannosa) per il minore stesso (principio del primario dell’interesse del minore Legge n.184/83 e Legge n.149/2000).
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RICONOSCIMETO DEI FIGLI NATURALI
Con la legge n. 219/12 si è affermato il principio dell’ «unicità dello stato del figlio».
Si è stabilito, infatti, il superamento di ogni diseguaglianza normativa fra i figli legittimi e i figli naturali. Per cui i figli nati fuori dal matrimonio sono equiparati in tutti i diritti ai figli nati in costanza di matrimonio.
Particolare rilievo assume l’evoluzione della potestà genitoriale che con l’attuale legge viene definita «responsabilità» genitoriale.
L’art. 316 del codice civile, in proposito, stabilisce quanto segue:
«Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale, che è esercitata di comune accordo, tenendo conto della capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio».
I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
Il figlio ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, e di ricevere cure, educazione, istruzione, e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con i nonni e parenti di entrambi i genitori.
L’Art. 317 del codice civile, invece, sancisce:
«In caso di contrasto dei genitori sulle questioni importanti per il figlio minorenne decide il Giudice nell’interesse primario materiale e morale dello stesso».
UNICITA’ DI STATO DI FIGLIO
(unicità di diritti dei figli anche nati fuori il matrimonio) Leo = Marco
La Parificazione dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio, con i diritti dei figli nati in costanza di matrimonio, è stata introdotta dall’Art. 315 bis codice civile che si intitola “Diritti e Doveri del Figlio”.
La norma stabilisce che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni, nonché a crescere in famiglia e mantenere rapporti significativi con i parenti. Al riguardo non c’è alcun distinguo tra figli nati in costanza o fuori dal matrimonio.
La norma introduce concetti che rispecchiano l’assetto socio culturale del nostro tempo. Il termine di potestà genitoriale si evolve nella concezione europea di responsabilità genitoriale e di affido condiviso del figlio minore. La residenza del minore deve essere decisa di comune accordo dai entrambi i genitori. I nonni partecipano attivamente alla vita dei nipoti minorenni. Il minore che ha compiuto 12 anni ha il diritto ad essere ascoltato nei procedimenti che lo riguardano. Le condizioni di indigenza dei nuclei familiari non devono essere un ostacolo per il figlio minorenne che ha diritto a crescere nella propria famiglia di origine.
L’affido familiare rimane una soluzione temporanea a cui farsi ricorso sostanzialmente quando la famiglia di origine del minore è impossibilitata alle cure dello stesso.
Solo in caso di stato di abbandono del minore, accertato con procedimento giudiziale e con sentenza dichiarativa di adottabilità, sarà disposta l’adozione.
IL DIRITTO DEL MINORE AD AVERE RAPPORTI CON ENTRAMBI I GENITORI
Il Giudice valuta prioritariamente la ricorrenza dei presupposti affinché il figlio sia affidato ad entrambi i genitori (affidamento condiviso ex Art. 337 ter codice civile) e solo, in via residuale, l’ipotesi di affidare il medesimo ad uno soltanto dei due (affidamento esclusivo).
AFFIDAMENTO CONDIVISO – Il Giudice nell’affidamento condiviso determina:
– i tempi e le modalità della permanenza del figlio presso ciascuno genitore;
– la misura del mantenimento a cui ogni genitore è tenuto in base alle proprie capacità economiche – patrimoniali, e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore (stipendi, proprietà immobiliari, titoli bancari, autovetture possedute, ecc), l’assegno di mantenimento è automaticamente adeguato agli indici ISTAT;
– le modalità relative alla cura, all’istruzione, all’educazione dei figli (scuola, sport, attività culturali);
– l’assegnazione della casa familiare tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
La responsabilità genitoriale (ex potestà genitoriale) è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli relative all’istruzione, educazione, salute ed alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, della inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo tra i genitori la decisione è rimessa ai giudici.
AFFIDAMENTO ESCLUSIVO DEL FIGLIO (Art. 337 quater codice civile)
Il giudice può disporre l’affidamento del figlio ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse del minore. Il genitore a cui sono affidati ifigli in via esclusiva, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi. Egli deve attenersi alle condizioni determinate dal Giudice.
Il genitore a cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice, in caso di necessità.
IL DIRITTO DEL MINORE AD UNA SANA CRESCITA
Lo Stato promuove politiche di tutela e opportunità per l’infanzia e per l’adolescenza anche in supporto alle famiglie (Legge n. 285/97).
Le Autorità vigilano sul rispetto della proibizione delle forme peggiori di lavori minorili – relative a tutte le forme di schiavitù – (vendita o tratta di minori – es. in ambito di atleti sportivi stranieri – servitù di minori per debiti o asservimento, reclutamento forzato in ambito di conflitto armato, ingaggio di un minore ai fini di prostituzione e di produzione di pornografie, ingaggio di minori ai fini di attività illecite – Legge n. 148/2000).
Le istituzioni vigilano sulla tutela dei minori contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale.
Anche in ambito di arruolamento militare con la Legge n. 2/2001 si è previsto il divieto di minori all’arruolamento militare, prima previsto al compimento del diciassettesimo anno di età. La Convenzione di Lanzarote, che si prefige quale obiettivo la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, è stata ratificata dall’Italia con la Legge n. 172 dell’1/10/2012. Tale Legge ha introdotto norme nell’ordinamento interno volte a rendere più efficace il perseguimento dei crimini in quesitone ed al contempo assicura una adeguata tutela alle vittime. A tal proposito sono previste nuove fattispecie incriminatrici e rimodulate fattispecie già esistenti.
IL DOVERE DEL MINORE DI RISPETTO DEI GENITORI
Il figlio ha il diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto a crescere in famiglia ed ad avere rapporti significativi con i parenti. Il minore che abbia compiuto 12 anni, ha diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito al mantenimento della famiglia finché convive con essa (Art. 315 bis codice civile).
Il figlio fino alla maggiore età o all’emancipazione (autorizzazione del Giudice a contrarre matrimonio) non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale, né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso i genitori, possono richiamarlo, ricorrendo se è necessario, al Giudice tutelare (Art. 318 codice civile).
MINORI E AFFIDO
Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore di crescere nella propria famiglia. A tal fine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto» (Art. 2 L. 149/2001).
Il legislatore con la nuova Legge, che ha modificato la previgente disciplina dettata dalla L. 184/1983, ha inteso dettare misure tali da rendere pienamente operativo il diritto del minore ad una propria famiglia, da intendersi sia quella naturale, sia quella a cui sia eventualmente stato affidato a causa delle difficoltà di quella d’origine.
Infatti nel caso in cui quest’ultima non sia in grado di garantire al minore il diritto ad essere cresciuto ed educato in maniera corretta, si applica l’istituto dell’affidamento familiare che si articola in due differenti fattispecie a carattere temporaneo.
La prima ha natura consensuale, ovvero vi è il consenso della famiglia d’origine all’affidamento dei minori, e l’emanazione del provvedimento spetta al servizio sociale locale, a cui segue il decreto esecutivo da parte del Giudice tutelare;
la seconda, invece, ha carattere giudiziale, in quanto viene disposta d’ufficio dall’Autorità giudiziaria senza il consenso della famiglia naturale.
Con l’istituto dell’affidamento è possibile da una parte tutelare l’interesse diretto del minore di crescere ed essere educato in maniera corretta, dall’altro, si offre alle famiglie in condizioni di indigenza un sostegno finalizzato a superare la temporanea difficoltà.
La tutela del diritto del minore alla famiglia si spinge fino alla determinazione della dichiarazione di adottabilità.
L’art. 8 della Legge n. 149/01 recita che sono dichiarati in stato di adottabilità dal Tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono, perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
A tal proposito chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore e dove detta accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere l’affidamento familiare o adottivo e l’incapacità all’ufficio tutelare. Anche i genitori che affidino stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado per un periodo non inferiore a sei mesi devono segnalarlo al Procuratore della Repubblica. In caso contrario incorrono nel rischio di un procedimento di accertamento della capacità genitoriale ex Art. 330 codice civile.
La Legge sull’adozione attribuisce particolare rilievo al diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare. Nello specifico, qualora durante l’affido ricorrano i requisiti per l’adozione e la famiglia affidataria chieda di voler adottare il minore, il Tribunale per i minorenni, nel decidere sull’adozione tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra questi e la famiglia affidataria.
L’importanza delle relazioni socio affettive sono preservate anche nel caso in cui il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in adozione o in affidamento ad altra famiglia.
A tal fine, il Giudice tiene conto delle valutazioni documentate dai servizi sociali, ascoltando il minore che abbia compiuto 12 anni o anche di età inferiore se capace di discernimento.
Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e di aiuto disposti dalle istituzioni, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui lo stesso abbia bisogno.
Ove non sia possibile l’affidamento presso una famiglia o una persona singola, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza il più vicino possibile alla famiglia di provenienza. Per i bambini di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire solo in una comunità di tipo familiare.
L’affidamento familiare del bambino è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso dato dai genitori esercenti la potestà (la responsabilità genitoriale) ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto 12 anni e anche il minore di età più piccola in considerazione della sua capacità di discernimento.
Ove manca il consenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il Tribunale per i minorenni del circondario ove risiede il minore.
L’affidamento familiare cessa con il provvedimento del Tribunale che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di 24 mesi ed è prorogabile dal Tribunale per i Minorenni qualora la sospensione dell’affidamento familiare rechi pregiudizio al minore.
MINORI E ADOZIONE
L’adozione è consentita a favore di minori dichiarati in stato di adottabilità. Il minore che ha compiuto 14 anni non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso.Il consenso può essere revocato fino alla pronuncia (sentenza) definitiva dell’adozione. Se il minore ha 12 anni deve essere personalmente sentito e se ha un’età inferiore sarà determinante ai fini dell’ascolto la sua capacità di discernimento (grado di maturità – Art. 7 legge 149/01).
Sono dichiarati in stato di adottabilità dal Tribunale per i minorenni i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purchè la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
Chiunque ha la facoltà di segnalare all’autorità pubblica situazione di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire, in ragione del loro ufficio, dello stato di abbandono del minore al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova.
Chiunque non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente presso la propria abitazione un minore per un periodo superiore a 6 mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio alla tutela. Il genitore che provvede all’affido ed omette la segnalazione incorre nell’apertura di un procedimento sull’accertamento della capacità genitoriale ex art. 330 codice civile.
Il procedimento di adottabilità deve svolgersi, fin dall’inizio, con l’assistenza legale del minore e dei genitori. Il Tribunale può disporre in ogni momento fino all’affidamento preadottivo, ogni provvedimento provvisorio nell’interesse del minore, ivi compreso il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà (responsabilità) genitoriale sul minore ovvero dell’esercizio del tutore.
Il Tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del minore. In questi casi il Tribunale sospende con ordinanza motivata per un periodo non superiore ad un anno.
A conclusione delle indagini e degli accertamenti ove risulti la situazione di abbandono, lo stato di adottabilità è dichiarato quando:
– i genitori e i parenti convocati regolarmente non si sono presentati senza giustificato motivi;
– l’audizione dei genitori del minore o dei parenti affidatari ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarli;
– le prescrizioni impartite dal Tribunale sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.
La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in Camera di Consiglio con sentenza, sentito il Pubblico Ministero, il rappresentante della comunità familiare ove è collocato il minore o la persona a cui è affidato. Devono essere sentiti i il tutore ove esista ed il minore che abbia compiuto 12 anni.
L’art. 44 della Legge n. 184/83 modificato dalla Legge 149/2001, statuisce l’adozione in casi particolari.
Secondo tale disposizione, i minori possono essere adottati anche:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Tale adozione è consentita anche in presenza di figli legittimi.
Nei casi di cui alle lettere a), c), e d), l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l’adottante è persona coniugata e non separata, l’adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.
Nei casi di cui alle lettere a) e d), l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.
IL DIRITTO ALLA CONTINUITA’ AFFETTIVA DEI BAMBINI IN AFFIDO FAMILIARE
Con la Legge 173/2015 si è dato rilievo alla continuità delle relazioni affettive del minore con la famiglia affidataria.
Per evitare, che il legame affettivo tra il bambino e gli affidatari debba essere spezzato, la nuova legge introduce nel tessuto della Legge 184/1983 alcune norme (o ne modifica altre) che danno attuazione al principio della continuità dei rapporti consolidatisi durante il periodo dell’affidamento, quando ciò corrisponde all’interesse del minore. Infatti:
Il nuovo comma 5-bis dell’art. 4, L. 184/1983 dispone che se «durante un prolungato periodo di affidamento» il minore è dichiarato adottabile, e la famiglia affidataria, avendo i requisiti richiesti dall’articolo 6, chiede di adottarlo, il tribunale «tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria»; mentre il nuovo comma 5-ter dell’art. 4, L. 184/1983 prevede che «è comunque tutelata la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento» anche quando il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia adottato da altra famiglia. Il comma 5-quater dispone che il Giudice, ai fini della decisione di cui ai commi 5-bis e 5-ter (di cui sopra), tiene conto anche delle valutazioni documentate dai servizi sociali, ascoltato il minore che ha compiuto 12 anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento.
L’art. 5, comma 1, L. 184/1983 viene modificato nella parte finale, in quanto si stabilisce che «L’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità nei procedimenti» riguardanti la sorte del minore, rafforzando, con la previsione della nullità, la posizione di coloro che si prendono cura del bambino.
Nell’Art. 25, L. 184/1983 viene introdotto il comma 1-bis, che estende le regole del procedimento adottivo anche all’ipotesi del prolungato periodo di affidamento.
Infine, l’Art. 44, comma 1, L. 184/1983 viene modificato in modo tale da prevedere che l’adozione in casi particolari del minore orfano di padre e di madre possa essere chiesta da chi abbia con esso un rapporto stabile e duraturo «anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento».